30 gennaio 2013

Una storiella per capire in modo semplice cosa sono i Bond


Bond for dummies (o Siamo sicuri che Monti sia così "sobrio"?)

Mauro è il proprietario di un bar, di quelli dove si beve tanto.
Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le consumazioni libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti).
La formula “bevi ora, paga dopo” è un grande successo: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Mauro diventa il più importante e frequentato della città. Lui ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: in pratica è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora.
La banca di Mauro, rassicurata dal giro d’affari, gli aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. Intanto l’Ufficio Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale: in considerazione del grande volume d’affari sviluppato, utilizzano i crediti del bar di Mauro e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: i Ciucca Bond.

I bond ottengono subito un rating di AA+, come quello della banche che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono, di fatto, garantiti da debiti di ubriaconi e disoccupati. Così, dato che rendono bene, vengono facilmente collocati su tutti i mercati. Conseguentemente il prezzo sale, quindi anche i gestori dei Fondi Pensione sono allettati a comprare, attirati dall’irreprensibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Ciucca Bond.

Un giorno però, alla banca di Mauro arriva un nuovo direttore e, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare, gli riduce il fido, chiedendogli di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite.
A questo punto Mauro, per trovare soldi, comincia a chiedere ai suoi clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile, essendo tutti disoccupati che si sono bevuti anche i risparmi. Mauro non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca gli taglia i fondi. Il bar fallisce ed i suoi collaboratori si trovano per strada, senza più un lavoro.

A questo punto il prezzo dei Ciucca Bond crolla del 90%. La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. Intanto i fornitori di Mauro, che in virtù del suo successo, gli avevano fornito alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili, visto che non può più pagare. Purtroppo avevano anche investito nei Ciucca Bond, sui quali ora perdono il 90%.

Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e sposta la produzione in un paese con il costo del lavoro più economico, a 6.000 chilometri di distanza. 
Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo, senza richiesta di garanzie e a tasso zero. Per reperire i fondi necessari, il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Mauro, perché astemi o troppo impegnati a lavorare.

Provate ora ad applicare la dinamica dei Ciucca Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi “sobrio”.


L’ideatore di questa illuminante metafora è M. D’Ambrosio (grazie!).


28 gennaio 2013

Ok ma la data si avvicina: cosa votiamo?



Rieccoci a parlare di Elezioni.

Eh si perché se da un lato votare non basta, perché bisogna impegnarsi in qualche modo nel quotidiano, ognuno secondo le proprie attitudini e possibilità, dall’altro lato votare serve davvero a dare un indirizzo alle scelte che il nostro Paese sarà chiamato a fare. E non voglio tirarmi indietro.
Anche perché mentre altre volte ho dovuto scegliere il meno peggio, turandomi il naso e combattendo con la tentazione di disertare le urne, questa volta ho persino l’imbarazzo della scelta.

Qualche giorno fa parlavo del brutto ricatto del “voto utile” e confermo tutto quello che ho scritto. Non sto a ripetermi.
Devo però integrare il ragionamento, frutto di molte letture e soprattutto parecchie discussioni e confronti con amici appassionati.

Metti che, come me, sei di Sinistra. O, se non altro, pensi che il progresso lo si ottenga solo rendendo più giusto questo nostro mondo un po’ acciaccato, partendo dai diritti umani e dal rispetto della natura, in modo davvero laico e nonviolento, ecc. ecc.
Metti che, in questi ultimi vent’anni, quando capitavi oltre confine, ti sia un po’ vergognato di essere italiano, ovvero governato da buffoni e farabutti, come ci è successo.
Metti che, anche in quest’ultimo anno, ti sei sentito preso in giro (per usare un eufemismo) quando ti sei ritrovato a dover pagare, di tasca tua, i debiti accumulati dai "signori" di cui sopra e da chi ha gestito la finanza e le banche in modo colposo.

Se sei anche tu tra i milioni di persone che si riconoscono in quanto detto sopra, probabilmente quando hai visto nascere Rivoluzione Civile, quando hai ascoltato le parole di brave e oneste persone come Ingroia e molti altri, confluiti in questo nuovo movimento, hai avuto, come me, un sussulto. Poi ne hai letto il programma e le intenzioni e hai pensato: finalmente qualcosa in cui mi riconosco!

Poi hai riascoltato Vendola, che sa come emozionarci, e ti sei detto: certo che però avere Sinistra Ecologia e Liberà al Governo - dopo il loro ottimo governare la Puglia, oggi esempio in tutta Europa - sarebbe davvero rivoluzionario!

Poi ti sei imbattuta/o in qualche dirigente del PD, in qualche dibattito televisivo, e ti sei detto: noooo, questi sono terribili, dopo 20 anni di opposizione inesistente e di occasioni tutte mancate, ora ci implorano un voto, senza un programma che sia chiaro e davvero di Sinistra, svincolato dal Vaticano e senza un “NO” deciso a Monti+Casini+Fini (+mafiosetti+ex/post fascistelli)? Nooooo, se li votassi, passerei i prossimi 5 anni a sputarmi in faccia da solo!

Poi ti sei visto (in una piazza pienissima o in streaming) un comizio di Beppe Grillo e hai pensato: certo che se i cittadini onesti e appassionati del Movimento 5 Stelle riempissero il Parlamento, sarebbe davvero una clamorosa e, per molti versi meravigliosa, rivoluzione!

Ok, direi che siamo giunti alle semifinali. Ne son rimasti 3, di cui apprezzo programmi e candidati. E ho 2 voti a disposizione (Camera + Senato).
Ora bisogna essere concreti. Salvo capiti una vera rivoluzione, in questo mese che ci separa dal voto, (tipo una Tangentopoli o peggio)… la situazione è questa:
Se voto M5S decido di fare opposizione dura e pura. Che ci può stare.
Se voto SEL voglio governare, col PD certo, ma dando una bella spinta a Sinistra alla coalizione.
Se voto Rivoluzione Civile so che sarò opposizione giusta, necessaria e costruttiva alla Camera, ma… oh cacchio: al Senato il mio voto andrà disperso (visto l’orrido e infame meccanismo del porcellum).

Vediamo… se dovessi votare adesso, pistola alla tempia… al Senato sceglierei… Sinistra, Ecologia e Libertà.
Per forza, non vedo altre scelte sensate.
E questa è andata!

E alla Camera? Mumble, mumble, mumble… M5S o RC? RC o M5S? La tentazione è forte per entrambi, mannaggia…
Mettiamola così: se ora fossi davanti alle prime proiezioni, cosa mi farebbe stare meglio?
Da un lato il M5S con una percentuale alta (e sono sicuro che l’avrà) mi farà godere un sacco! Dall’altro la presenza in Parlamento di deputati di RC mi farebbe sentire decisamente rappresentato…
Entrambi hanno il loro perché… Già ma ho la pistola alla tempia! Devo fare la mia croce, adesso!
Allora guardo la scheda. Leggo “Rivoluzione” ed è più forte di me, lo so: il mio voto andrebbe a loro. Rivoluzione Civile. Zac, Zac. Fatto.

Sono stravolto! Ma mi sento anche un po’ meglio.
Certo 'sta democrazia è ‘na faticaccia.

23 gennaio 2013

Il grande inganno del "loro" voto utile


In questo periodo i media si rincorrono a sbatterci in faccia i loro sondaggi. Che altro non sono che l’arma di ricatto per portare l’elettorato a scegliere uno dei due partiti che parrebbero più forti. Il condizionale è d’obbligo perché i sondaggi non c’azzeccano quasi mai, specie a un mese della elezioni. In compenso hanno il potere di condizionare una bella fetta di elettori.
Se non sbaglio, a breve la loro diffusione sarà infatti vietata, a ulteriore prova che il loro uso falsa la libertà di voto e influenza in modo antidemocratico l’andamento della campagna elettorale.

Fateci caso: proprio i due partiti dati favorevoli (PD e PDL) si affannano a richiamare al voto utile puntando su un presunto rischio di dispersione dei voti dovuto allo sbarramento, che loro stessi hanno escogitato (in maniera decisamente antidemocratica ma tant’è).

Il cosiddetto voto utile non è solo il ricatto del più forte ma un vero e proprio imbroglio. Emblematico fu l’appello di Veltroni di qualche anno fa. Ricordate quale ne fu il risultato? Che la Sinistra rimase fuori dal Parlamento, a vantaggio di un unico partito, il PD, che fece la peggiore opposizione che si sia mai vista in Italia: una grossa presenza in Parlamento, assolutamente inutile, litigiosa, spesso complice e lontana anni luce dal paese e da tante persone che li avevano votati, turandosi il naso.

La cosa peggiore fu che per un’intera legislatura – per colpa di quel famoso appello al voto utile – mancò completamente la rappresentanza parlamentare di alcune istanze, su temi decisivi per il paese e per gli individui. Sto parlando delle scelte sulle questioni legate al lavoro, quelle (bio)etiche, ambientali,… senza dimenticare l’approccio laico alle questioni sociali e nonviolento ai rapporto con gli altri stati: temi e sensibilità che riguardano milioni di italiani.

Sono bastate una legge (il porcellum) e una grande balla (il voto utile) a far si che questo Parlamento fosse uno dei più disprezzati e meno rappresentativo della nostra storia repubblicana.

Parliamoci chiaro: può essere “utile” un voto che farà eleggere qualcuno che non ci rappresenta?
Quanti avevano votato PD per poi lamentarsi per 4 anni che quel PD non li rappresentava? E quanti ora rischiano, bombardati dalle loro balle, di rifare quello stesso errore? Con il solo risultato di far (ri)eleggere gente che poi non li rappresenterà. Non sembra folle anche voi?

Non facciamoci ingannare. Non arrendiamoci.

Che poi, votare in base ai sondaggi, non ha proprio senso per tanti motivi ma soprattutto per due questioni fondamentali. Intanto i sondaggi sbagliano, anche perché contengono sempre un 20-30% di indecisi che possono ribaltare le previsioni (e gli esperti dicono che altrettanti decidono il giorno stesso delle elezioni). E poi, soprattutto, perché quando votiamo siamo chiamati a indicare chi più ci rappresenta. Non chi pensiamo possa vincere o piazzarsi, non stiamo giocando ai cavalli. Stiamo eleggendo chi sarà la nostra voce nelle scelte più importanti che lo stato prenderà: non è pensabile che una persona intellettualmente onesta possa indicare qualcosa di diverso da ciò che più si avvicini alla propria idea di gestione della cosa pubblica.
Le elezioni non sono un gioco, non sono una gara. Chi ci vuol convincere di questo, ci sta ingannando per farsi eleggere.

Dunque niente tattiche, strategie, conti che, tra l’altro, quasi sempre si rivelano sbagliati.
Abbiamo il dovere di votare le persone, la lista, che più si avvicina al nostro modo di intendere lo Stato. E se siamo cittadini maturi, dobbiamo anche accettare la possibilità che il nostro “modo” possa essere una minoranza del paese.
Che poi, se il popolo della Sinistra avesse più coraggio (e si liberasse dalle due grandi paure di sempre: quella di perdere e quella, ancor più terribile, di vincere), e votasse davvero in coscienza, forse alcune liste, oggi date per medio/piccole, potrebbero prendere un sacco di voti.

A questo punto molti obiettano: ma così fai vincere Berlusconi!
No, chi lo vota lo fa vincere.
E chi non è in grado di attrarre a sé la maggioranza degli elettori, con persone e proposte convincenti, non merita di governare un paese.

Quindi no, non vorrei che vincesse Berlusconi, non vorrei che vincesse Monti e non mi sento rappresentato dal PD. Dunque sceglierò diversamente. Se lo faremo in pochi, saremo opposizione. Se lo faremo in tanti, saremo maggioranza. Questa si chiama Democrazia.

Personalmente poi non mi fido proprio di chi dedica la campagna elettorale a indicare un nemico, che sia l’avversario o, peggio, un possibile, futuro alleato. Potrei dare la mia fiducia a chi chiede il voto col ricatto, l’imbroglio, la paura? A un PD che a un mese dalle elezioni non ha ancora reso pubblico il programma? Vi pare normale? Vi pare credibile? A me sembra incredibile che qualcuno sia certo di votarli, oggi come oggi.
Che poi, se ben ricordate, sono gli stessi che dopo, quando perdono, hanno sempre il capro espiatorio pronto: è colpa di questo o di quell’altro. Mai colpa loro. Mai merito dell’avversario. Mai risultato di proprie scelte sbagliate, proposte poco convincenti, scarsa capacità attrattiva, politiche poco condivisibili, candidati discutibili. Mai. Se vincono, sono stati i migliori. Se perdono, la colpa è sempre di altri. A volte persino di chi non vota eheheh. E neanche si rendono conto di quanto siano infantili, meschini e ridicoli.
Da parte mia, rifiuto questo brutto vizio e non accetto la cosiddetta cultura dell’alibi.

Voterò chi avrà il programma e le idee più giuste e presenterà le persone più affidabili.
Fatelo anche voi e governeremo questo paese nel migliore dei modi possibili.


Riassumendo il post nello spazio di un tweet (o quasi):
L’unico voto utile è quello dato a chi più ti può rappresentare, a chi più si avvicina alla tua idea di Stato. Diversamente sarà utile a qualcun altro, non certo a te. 

18 gennaio 2013

Top Album 2012



Eccoci arrivati al tradizionale appuntamento con i Top Album dell'anno appena passato. Senza la pretesa di essere una classifica dei migliori dischi usciti nel 2012, qui condivido quegli album che nello scorso anno ho ascoltato e amato di più. Non troverete roba fighetta o alla moda, se non per caso. Solo buona musica, di generi diversi e che non stanca dopo i primi ascolti.

Sempre difficile la scelta dei numeri uno, del disco dell'anno. Questa volta tra gli album nostrani ho voluto indicare Pacifico, inspiegabilmente dimenticato dai vari premi ufficiali e classifiche di settore: il suo disco di duetti è grandioso. Per gli stranieri invece voglio puntare l'attenzione sulla qui sconosciuta Lou Doillon, francese - che incide in inglese - figlia d'arte (vi dice niente Jane Birkin?), con un talento notevole: ha pubblicato un album che è un vero gioiellino, da recuperare.
Ma bando alle ciance, ecco le mie classifche:

Album Italiani

Pacifico - Una voce non basta
Umberto Maria Giardini - La dieta dell'Imperatrice
Zibba e Almalibre - Come il suono dei passi sulla neve
Franco Battiato - Apriti Sesamo
Diego Mancino - E' necessario
Afterhours - Padania
Niccolò Fabi - Ecco
Marina Rei - La conseguenza naturale dell'errore
Nicolò Carnesi - Gli eroi non escono il sabato
Thony - Birds

(a seguire, gli album stranieri...)

15 gennaio 2013

C’è vita su Twitter, reality e talk show a parte?

A quasi un anno dal mio approdo su Twitter, credo d'essermi fatto un'idea di come funzioni il celebre social network cinguettante. In questi mesi ne ho scritte e fatte di ogni. Tante cazzate, ingenuità,... son pure incorso in due tipici, un po' patetici errori: vantarsi dei primi 100 follower raggiunti (poi ho smesso) o rincorrerne alcuni in modo ridicolo (e son pure stato malamente sbeffeggiato). E ho trascurato questo mio piccolo blog, mannaggia.
Sbagliando s'impara.

Torno a scrivere per rispondere a uno stimolante post pubblicato sul Fatto Quotidiano. Lo trovate a questo link. Di seguito la mia modesta riflessione.

Son sicuro di non essere il solo che, leggendo il sagace Domenico Naso, s’è sentito un po’ smascherato. Scommetto anzi che in tanti avranno, come me, provato anche un po’ di vergogna nell’ammetterci così proni nei confronti della tanto odiata televisione. Riflettendoci, però, non resisto dal rispondere, e un po’ controbattere, a partire dalla fatidica domanda: “C’è vita su Twitter, reality e talk show a parte?”.

Prima di tutto, una citazione ormai diffusa: on Twitter “tv is the new radio”. In fondo, quando facciamo cose che ci prendono, che sia cenare con gli amici, leggere un libro, fare l’amore,... giustamente non ci viene in mente di mandare un tweet. Al massimo ci scappa la foto di un dolce (meglio se su Instagram) o ci tagghiamo in un bel posto (fatelo solo su Foursquare, please). Twitter invece lo usiamo per informarci, per condividere e, diciamolo, per passare il tempo, spesso proprio quando ci annoiamo. E quale momento è più noioso dello stare imbambolati davanti a un programma televisivo? Così, neanche lo guardiamo più di tanto, va a finire che l’occhio è piantato sul tablet o sullo smartphone, mentre dalla tv ci arriva giusto l’audio (vedi la citazione sopra).

Quindi no, caro Domenico, non siamo schiavi della tv. Noi (tu, io e tantissimi altri) che ne twittiamo, forse ne siamo solo parecchio annoiati; non ci basta restare passivi a guardarla, abbiamo voglia di commentare, criticare e soprattutto condividere. Al massimo, in quei momenti, ci sentiamo giusto un po’ soli. Almeno finché qualcuno non fa click sulla stellina (bello ma, diciamolo: deludente) o - decisamente meglio - non ci retwittano un nostro “fichissimo” penZiero.

Per fortuna, comunque, su Twitter sappiamo parlare di tutto, che siano argomenti alti o cazzeggi di vita quotidiana. Resta tristemente innegabile che il top delle interazioni avviene durante una puntata di Master Chef o la finale del Festival di Sanremo. Ma è solo la conferma che non siamo poi così fighetti o hipster. Per fortuna.