18 gennaio 2010

I limiti della perfezione: “A Single Man”

L’atteso primo film di Tom Ford intitolato “A single man” è davvero ben fatto e ha dalla sua una serie di pregi che lo rendono apprezzabile sotto tanti punti di vista.

Prima di tutto è esteticamente impeccabile sia per l’ambientazione, sia per l’uso delle inquadrature e degli effetti visivi. La storia poi è intensa, la sceneggiatura è ottimamente costruita, gli attori sono bravissimi e per tutto il film non c’è un cedimento, una caduta, uno stacco.

Lo vedi e lo apprezzi con lo stesso gusto con cui puoi guardare un’opera di Hopper: è privo di retorica, splendidamente gelido e volutamente distaccato.

Un film di questo tipo sono in grado di aprezzarlo ma – limite mio - non riesce a conquistarmi appieno proprio perché troppo perfetto, troppo studiato, troppo impeccabile.

Personalmente preferisco film magari più sporchi, sghembi, un po’ traballanti ma capaci di trasportarmi dentro o anche solo colpirmi un po’.


Film che magari non convincono gli esperti ma coinvolgono me, mi trascinano nella storia e nei luoghi, mi fanno immedesimare nei personaggi o me li fanno sentire vicini. Film che sanno mettere in discussione, che scatenano sensazioni, che stimolano la discussione e soprattutto che fanno riflettere.

Per esempio vado matto per opere a carattere sociale come “Nel nome del padre” o “I cento passi” con il loro realismo e la forza della denuncia, con quella carica viva e pulsante e quel saperti coinvolgere a tal punto da farti uscire dal cinema con la voglia/il bisogno di lottare.

Amo molto anche film staccati dalla realtà e dalla forte carica espressiva in cui la storia è evidentemente metaforica ma non per questo risultano meno coinvolgenti; film capaci di rivoltarti la pancia e trasmetterti sensazioni forti come “Le onde del destino”.

O al limite – non mi vergogno ad ammetterlo - opere di sentimento oneste, storie coinvolgenti, magari a rischio di retorica eppure assolutamente credibili come “I ponti di Madison County”, non certo un capolavoro ma senz’altro (s)travolgente per chiunque abbia un animo minimamente romantico.

Ci sono poi alcuni film tecnicamente “perfetti” che sono al tempo stesso caldi o di capaci di scuoterti profondamente, basti pensare a classici molto diversi e meravigliosi come “C’era una volta in America”, “Shining”, “La doppia vita di Veronica” o “Intrigo internazionale”.

Visto che ci siamo poi, parlando di film imprescindibili non posso non citare anche quelli irresistibilmente leggeri e genialmente divertenti come gli insuperati “Frankenstein Jr.” e “Il senso della vita”!

…che non di soli drammoni se po’ campà, diciamocelo!

Ecco, m’è scappata la mano. Di cosa parlavamo? Ah già, di “A single man”. Sappiate comunque che è piaciuto senza appello al 90% delle persone che conosco e che l’hanno visto, quindi un’occhiata dategliela… e, se vi va, fatemi sapere se vi ha convinto oppure no.

4 commenti:

meriro ha detto...

Questo pomeriggio, finalmente, ho visto anch'io "A Single Man". E' difficile per me poter descrivere le sensazioni che questo film mi ha trasmesso. Dimenticate gli altri film di Colin Firth, dimenticate Fitzwilliam Darcy, Mark Darcy, Henry o Blake,perchè George Falconer è l'apoteosi dell'acting di Colin Firth. Non parlerò della storia,ma del film. La fotografia è perfetta. Non ho trovato che fosse patinata o laccata, come certe copertine di settimanali o mensili di moda come avevo letto in alcune recensioni, ma al contrario intima, avvolgente, sfumata su toni accesi nei momenti felici del ricordo o in alcuni scorci di vita di George dopo la morte del compagno, ma con cambi repentini, fino a diventare fredda, cupa, nei momenti del dolore. Flashback che cambiano luce a seconda dell'attimo evocato, fino ad arrivare al bianco e nero in una scena, quasi fosse un ricordo lontanissimo e forse doloroso. Ho avuto la sensazione di essere lì, con George/Colin, mentre mi raccontava la sua storia. Una storia di un amore assoluto, senza connotazione alcuna, ma solo amore, un grande amore, commuovente, struggente, infinito, universale, raccontato con una delicatezza palpabile, che ti avvolge l'anima e la sublima. Ford è stato maniacale, perfetto nelle ricostruzioni, con un gusto per il bello sorprendente (ci sono scene, in particolare una, quella della bambina nella banca, che trovo siano state una prova di grande bravura, nella regia, da parte di Ford. Ma non descriverò il perchè, per non svelare troppo il contenuto del film). Bravi tutti gli attori, ma Colin Firth superlativo. Ha usato e dato tutto di sè: gli sguardi, i movimenti, i gesti, il corpo, con una toccante maestria tanto da trasportarti, senza che tu ne fossi consapevole, nel mondo di George. Mi sono commossa e ho pianto con lui e per lui. Le musiche bellissime. Tutti, in sala, sono rimasti seduti fino alla fine dei titoli di coda, in un silenzio che aveva quasi dell'irreale, come se l'atmosfera che si era creata e che aveva ipnotizzato tutti, non si fosse ancora dissolta con la fine del film. Un capolavoro.

Kaos ha detto...

Felice di aver letto il post, in attesa di riflessioni ancora più approfondite. Mi ha davvero lasciato un bel sacchetto di nodi da sciogliere :D

Kaos

Tico Palabra ha detto...

Grazie mille meriro, bellissima analisi davvero!

S. ha detto...

"A Single Man non è un film: è un profumo che non ha nessun profumo, ma che arriva nella boccetta più bella che ci sia."

Paolino, dal blog Tom http://www.tomblog.it