14 settembre 2009

E la chiamano giustizia

Sul blog di Beppe Grillo si racconta la storia di Emanuele, un ragazzo ammazzato di botte in prigione. Uno dei tanti, visto che dal 2000 ad oggi, nelle carceri italiane, sono morte 1486 persone, tra cui 528 per suicidio (o presunto tale).

Una cifra da olocausto, una sorta di pena di morte di fatto, di cui non frega niente a nessuno.

L'altro giorno stavo giusto pensando che un lavoro come quello del magistrato non potrei mai farlo... per mia incapacità. Sono in difficoltà a rispettare una legge che in coscienza non condivido; a maggior ragione non sarei in grado di applicare una condanna, una punizione a qualcuno: non riuscirei proprio a decidere della vita di un'altra persona. A prescindere.



Nella vita in generale penso che se i fatti contano più delle parole, le motivazioni che spingono una persona a comportarsi in un determinato modo siano più rilevanti del fatto in se (d'altronde persino il nostro Codice Penale prevede le attenuanti).

Dipendesse da me, le carceri sarebbero mezze vuote. Perché non credo tanto al concetto di punizione, quella sorta di vendetta dello Stato contro chi viola una legge. Credo che un buon sistema, una società più giusta, dovrebbe mirare a ridurre le condizioni che portano alcuni a non rispettare le leggi. E, quando questo succede, si dovrebbe aiutare quelle persone affinché trovino le motivazioni e la possibilità di scegliere un comportamento e uno stile di vita diversi.

Capire, prevenire, aiutare, lavorare per una società più giusta piuttosto che lasciarci in balia dell'ignoranza o della disperazione per poi risolvere i problemi rinchiudendo chi "sbaglia".

Non credo al male assoluto (così come non credo al bene assoluto) e ognuno di noi penso sia figlio del contesto in cui è cresciuto. Credo anche che ci siano persone privilegiate - come me - che senza meriti particolari hanno avuto la fortuna di crescere in un ambiente positivo, più sereno e più facile di altri. Sono convinto che se mi fossi trovato a vivere la vita di chi oggi è in carcere, probabilmente in quella cella ci sarei io.

Forse anche per questo mi sento profondamente a disagio pensando al nostro sistema dove, per risolvere un problema, si rinchiude una persona tra quattro mura, dimenticandosi che è un essere umano come noi.

C'è qualcosa di tremendamente sbagliato se quelle persone poi muoiono lì dentro, nell'indifferenza generale. Se penso che tutto questo lo chiamiamo "giustizia"...

"Il tizio che ha rubato
stanotte in casa mia
non ha portato via
un dubbio che c'è in me
Se non mi andava bene
con le canzoni forse
ero dalla sua parte
e c'era un ladro in più
Le strade sono giuste
anche quelle sbagliate
basta non esser certi mai"
(Gino Paoli)

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