Dopo il souvenir del Duomo di Milano scagliato in faccia al Premier, com’era facilmente prevedibile se ne sono sentite di tutti i colori.
L’aspetto più rilevante, che non è stato evidenziato a sufficienza dai commentatori è che i mastini del capo hanno colto l’occasione per attaccare quelli che loro reputano gli avversari più temibili, ovvero Antonio Di Pietro e Marco Travaglio, con metodi e motivazioni decisamente infami.
Di Pietro è un avversario politico e vabbè, è il gioco delle parti. Ma quando Travaglio, da anni, racconta fatti veri da cui si evince che Berlusconi è un criminale a piede libero, quelli che fanno? Dimostrano che Travaglio si sbaglia? Certo che no, non possono perché Travaglio dice cose vere e incontestabili. Quindi l’unica arma dei vigliacchi è l’attacco personale al giornalista che fa il suo lavoro. Ignobili, eh?!
A me Travaglio sta un po’ sulle balle da sempre. Non mi piacciono i suoi modi, non mi è simpatico, trovo noiosissimo il suo sciorinare dati, frasi, sentenze, ricostruzioni: non perché non siano vere ma perché quel modo di fare giornalismo è – a mio parere - sostanzialmente inefficace.
Di questi tempi c’è bisogno di sintesi e capacità comunicativa, due cose che a Travaglio mancano decisamente. Poi, come sa chi mi conosce, non sono per niente giustizialista, svuoterei il grosso delle celle e delle carceri e abbasserei le pene di quasi tutti i reati. Quindi non mi piace chi fa del “punire chi sbaglia” la propria battaglia primaria. E poi vorrei che Berlusconi venisse sconfitto per l’orribile e ingiusta politica che fa e non per il suo aspetto criminale (anche se evidentemente esiste, questo è indiscutibile).
Ciò non toglie che è importante che giornalisti come Marco Travaglio possano lavorare e lavorare serenamente. Mentre gli sciacalli che lo insultano dalle loro roccaforti di potere sono infami e mafiosi nei comportamenti al pari – se non peggio - del loro Re.
Da oggi Marco Travaglio mi è già molto più simpatico.
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