06 agosto 2009

Won't you break my heart? (o Cosa resterà degli anni '80)


[Raf "Cosa resterà (degli anni '80)" @ Sanremo 1989]

Sono convinto - come molti, del resto - che il decennio 1969-1979 sia stato il periodo migliore nella storia della musica moderna.
Tutte le innovazioni avvenute prima sono state fondamentali e le considero un percorso imprescindibile e in continua crescita verso il picco assoluto di creatività, originalità e rivoluzione culturale, oltre che musicale.
In quegli anni ero - ahimè - troppo piccolo per rendermene conto e viverlo in prima persona. Solo crescendo e curiosando nel passato ho potuto capire, apprezzare e godere quella meraviglia.

Potrei parlarne per ore ma vengo all'oggetto del post.

Presa consapevolezza di cosa fossero gli anni '70, la reazione inevitabile degli appassionati di musica era di repulsione totale e indifferenziata del decennio successivo, invaso da tutta quella massa di musica commerciale, pop e danzereccia i cui esponenti furono spesso delle meteore da un disco (o un 45 giri) e via.



Come invece ci ricorda il buon Ernesto Assante sul suo blog Media Trek, gli anni '80 sono stati gli ultimi anni in cui ci furono ancora delle novità nella musica occidentale: dopodiché nulla fu poi davvero nuovo e sorprendente.

Credo che abbia proprio ragione. Gli ultimi grandi esempi di talenti innovativi arrivano in quegli anni. In seguito nessuno ha saputo creare qualcosa di veramente nuovo (sempre parlando del nostro panorama d'occidente). Si, ci sono stati artisti e gruppi che hanno trovato una loro originalità, un proprio suono, un percorso di ricerca interessante ma niente di davvero rivoluzionario.

Anche su questi argomenti potremmo parlarne tantissimo (e nel tempo magari lo faremo).

Ora però siamo qui per fare ammenda e ridare dignità a un decennio che, pur rappresentando l'inizio della débâcle, ha saputo comunque esprimere alcuni artisti ancora innovativi, forse gli ultimi.

Oggi sentiamo tutti un vuoto inquietante.
E domani? Chissà...

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